Le lune di Marte, Phobos e Deimos, nascondono un mistero che potrebbe aver avuto origine da un antico asteroide, distrutto e frammentato in un passato remoto. Recenti studi, frutto di complesse simulazioni realizzate con l’intelligenza artificiale, gettano nuova luce sulla questione. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Icarus, con il team di ricerca capitanato da Jacob Kegerreis, presso il prestigioso Centro di ricerca Ames della NASA.
Le due lune di Marte sono sempre state oggetto di interesse per gli scienziati, e la nuova ipotesi avanzata dalla ricerca fa discutere. Si ipotizza che, milioni di anni fa, un asteroide massiccio passò molto vicino al pianeta rosso, al punto da subire una deformazione provocata dalla forza gravitazionale di Marte. Questo incontro ravvicinato non finì bene per l’asteroide, che venne distrutto, mandando in frantumi la sua struttura originale. Parte dei detriti prodotti in questa collisione poco ortodossa vennero espulsi nello spazio profondo, altri frammenti si schiantarono su Marte, ma alcuni di essi rimasero catturati nel suo campo gravitazionale, formando una sorta di “disco” di detriti in orbita attorno al pianeta.
Questi frammenti, nel corso del tempo, cominciarono a collidere tra loro, un po’ come dei pezzi di un puzzle che si cercavano di unire. Gradualmente, questi aggregati si compatttarono nella loro orbita, portando alla formazione delle lune di Phobos e Deimos così come le conosciamo oggi. Questo meccanismo di formazione presenta tratti affascinanti e potrebbe spiegare molte delle caratteristiche orbitali che oggi osserviamo.
Simulazioni che illuminano il passato
L’importanza di questa nuova ipotesi è corroborata da simulazioni avanzate, condotte utilizzando il potentissimo supercomputer dell’Università di Durham, in Gran Bretagna. Gli scienziati hanno analizzato centinaia di scenari differenti, variando le dimensioni e le traiettorie del presunto asteroide iniziale, in un tentativo di capire come si siano configurate le orbite delle lune marziane. Particolare attenzione è stata data a Deimos, che risulta più lontano dal pianeta e presenta un’orbita che sembra suggerire una formazione diversa rispetto a Phobos.
Le simulazioni che sono state realizzate, nonostante non possano costituire una prova definitiva, offrono uno spunto interessante su come le lune di Marte possano essere nate. Del resto, la particolare orbita di Deimos ha sempre suscitato qualche dubbio tra gli esperti, portando a pensare che non potesse essere semplice conseguenza di scontri con asteroidi o di catture gravitazionali. Forse adesso, grazie a queste nuove teorie, riuscirà ad avvicinarsi una risposta più concreta.
La sfida della missione giapponese
Tuttavia, l’unico modo per confermare o smentire ulteriormente questa affascinante teoria, è attraverso la raccolta di campioni dai due satelliti marziani. Qui entra in gioco la missione spaziale giapponese Martian Moons Exploration , che ha come obiettivo principale quello di prelevare materiali da Phobos e Deimos. Il lancio dell’astronave è previsto per il 2026, e se tutto andrà secondo i piani, potrebbe portare nuovi dati fondamentali per comprendere meglio la storia delle lune marziane.
Questi campioni potrebbero rivelare informazioni cruciali sul loro passato e sulla loro formazione. Così, la missione MMX non è solo un’operazione di esplorazione, ma rappresenta una vera e propria finestra sul passato di Marte e, quindi, sull’intera storia del nostro sistema solare. La curiosità scientifica continua, risultando un motore che spinge la ricerca verso nuovi orizzonti.