A dodici anni dall’entrata in vigore dello Startup Act, un’importante evoluzione sta interessando l’ecosistema italiano dell’innovazione. Recentemente, infatti, l’approvazione di un emendamento al disegno di legge sulla Concorrenza promette di portare cambiamenti significativi nel supporto a startup e venture capital. Elaborato dal Ministero del Made in Italy, con il contributo di esperti e associazioni del settore, il testo introduce novità chiave. Tra queste c’è l’impegno dei fondi pensione italiani a investire nel venture capital, arrivando fino all’1% del loro attivo patrimoniale. Ma non è tutto. Le startup innovative dovranno rinunciare a svolgere attività di agenzia e consulenza, iscrivendosi a un nuovo registro specifico. Inoltre, ci sono nuovi vantaggi fiscali per gli investitori, modifiche ai requisiti per mantenere lo status di startup innovativa e molto altro.
Con questo emendamento, i fondi pensione e le casse previdenziali private avranno un’importante novità da rispettare: destinare almeno il 5% del loro portafoglio a investimenti in fondi di venture capital entro il 2025. Questa percentuale dovrà aumentare al 10% a partire dal 2026. La cosa interessante da notare è che questo requisito non è solo una semplice raccomandazione, ma una condizione indispensabile per continuare a godere dell’esenzione fiscale sul capital gain, fissato al 26%. In sostanza, una parte significativa del risparmio previdenziale sarà canalizzata verso imprese innovative e settori strategici, contribuendo alla crescita economica.
Di certo, i fondi di venture capital sono i beneficari diretti di questa nuova normativa. Ci si aspetta che, anche in Italia, possano prosperare come già avviene in altri paesi occidentali. Attualmente, i numeri italiani non possono nemmeno essere paragonati a nazioni dove l’ecosistema è più evoluto. Tuttavia, la speranza è che le startup che riceveranno investimenti da questi fondi siano molte e varie, non limitandosi alle solite realtà. L’obiettivo, quindi, è duplice: da un lato, stimolare la crescita di startup e scaleup tecnologiche, dall’altro, garantire ai fondi pensione rendimenti competitivi attraverso le opportunità di guadagno che derivano da un ambiente imprenditoriale in continua evoluzione.
Un altro aspetto fondamentale dell’emendamento riguarda i criteri per l’accesso e il mantenimento dello status di startup innovativa. Sì, perché dopo il triennio iniziale, le imprese dovranno soddisfare specifici requisiti per rimanere nel Registro. Ad esempio, sarà necessario un incremento delle spese per la Ricerca e Sviluppo pari almeno al 25%. In alternativa, si può dimostrare una crescita del 50% dei ricavi o occupazione tra il secondo e il terzo anno di attività. Anche il conseguimento di un brevetto o un contratto di sperimentazione con enti pubblici sarà un requisito valido, così come la trasformazione della startup in una società per azioni .
In aggiunta, il periodo massimo di permanenza nel Registro è stato esteso: per le startup sarà di sette anni, mentre per le scaleup sarà addirittura di nove anni. Questo rappresenta un cambio rilevante nella strategia di sviluppo e sostenibilità per le startup che vogliono affermarsi nel mercato, fornendo il tempo necessario per crescere e strutturarsi adeguatamente.
L’ultimo importantissimo punto che merita di essere sottolineato riguarda le agevolazioni fiscali riservate a chi decide di investire nelle startup innovative. A partire dal 2025, le persone fisiche beneficeranno di una detrazione fiscale incrementata dal 50% al 65%, ma attenzione: questo vantaggio sarà erogato solo per i primi tre anni di vita dell’impresa. Una volta superato questo periodo, l’agevolazione scenderà al 30%, allineandosi così agli standard previsti per gli investimenti nelle PMI innovative.
Tuttavia, le startup che vorranno avvalersi di tali incentivi dovranno rispettare nuovi parametri. Per esempio, i contribuenti non potranno detenere partecipazioni qualificate superiori al 25%, o fornire servizi alla startup per un valore che ecceda il 25% dell’investimento agevolato. Infine, saranno introdotte delle regole chiare per la governance e la gestione dei conflitti d’interesse, prendendo come riferimento lo standard internazionale del contratto SAFE, lo Standard Agreement for Future Equity. Questo è un passo avanti decisivo nel tentativo di creare un ambiente favorevole per gli investimenti e la crescita delle startup, rendendo il panorama italiano sempre più competitivo sul piano internazionale.
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