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Dopo Huawei, anche Xiaomi produce i propri chip: la rivoluzione continua!

Xiaomi, il noto colosso tecnologico cinese, sta delineando ambiziosi progetti per il futuro della sua linea di smartphone, grazie alla creazione di nuovi microprocessori che puntano a sostituire quelli attualmente forniti dall’americana Qualcomm. Le notizie fresche, diffuse recentemente da Bloomberg, hanno acceso i riflettori su questa iniziativa, con proiezioni che indicano l’inizio della produzione di massa già nel 2025. Ciò segna un passo significativo per l’azienda nel mondo dell’elettronica, dove la competizione è feroce e le innovazioni sono all’ordine del giorno.

Nuove tecnologie in arrivo

Le voci sui nuovi chip di Xiaomi non sono casuali, ma si allineano perfettamente con l’andamento osservato negli ultimi mesi. Già a fine ottobre, durante un’intervista trasmessa sulla rete satellitare BRTV, Tang Jianguo, capo economista dell’Ufficio di economia e tecnologia di Pechino, aveva condiviso il successo della compagnia riguardante la creazione di un chip a 3 nanometri, sviluppato interamente all’interno della Cina. Questo “tape-out” rappresenta una fase cruciale, giacché indica che il design del chip è completato e pronto per la produzione.

Il termine “tape-out” è fondamentale in elettronica, segnalando il passaggio della progettazione dei circuiti alle fonderie, dove avrà luogo la produzione vera e propria. Tuttavia, da quel momento, Xiaomi ha mantenuto un certo riserbo, e le specifiche dettagliate del nuovo microprocessore rimangono avvolte nel mistero. Le speculazioni continuano a circolare, alimentate da questa tensione tra l’esigenza di innovazione e la necessità di preservare segretezza commerciale.

La spinta verso i semiconduttori

Un altro elemento di interesse è emerso dai discorsi del CEO Lei Jun, il quale ha menzionato pubblicamente i semiconduttori. Questo senza dubbio riflette l’intenzione della compagnia di investire oltre 4 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo nei settori chiave del futuro, tra cui non solo i chip ma anche l’intelligenza artificiale e nuovi sistemi operativi. Inoltre, l’ingresso di Xiaomi nel mercato automotive con l’auto elettrica SU7 segna un’espansione significativa, suggerendo che i nuovi chip potrebbero venire impiegati anche in questo nuovo ambito, conferendo ulteriori opportunità all’azienda.

L’interesse di Xiaomi per il settore automobilistico non deve sorprendere. Con l’aumento della domanda di veicoli elettrici e sistemi intelligenti, la casa cinese guarda a un futuro che non può prescindere dalle sinergie tra smartphone e automobili. La successiva integrazione di tecnologie avanzate potrebbe promettere esperienze utente ancora più fluide e innovative.

Esperienze passate e collaborazioni

Xiaomi non è alla sua prima avventura nel campo della progettazione dei semiconduttori. Infatti, nel 2017, l’azienda ha già dato vita a una divisione dedicata e ha lanciato il Surge S1, un sistema-on-a-chip a 28 nm. Questo prodotto era stato montato esclusivamente sul modello Xiaomi Mi 5c, venduto unicamente nel mercato cinese. Dopo quell’inizio, l’azienda ha continuato a sviluppare nuove versioni del suo chip, sebbene negli anni recenti sia stata più propensa a ottimizzare chip di terzi, come quelli di MediaTek e Qualcomm.

Secondo alcune fonti cinesi, i nuovi microprocessori potrebbero nascere da una collaborazione tra Xiaomi e MediaTek, alla quale si affiancherebbero altre società cinesi per la progettazione di modem integrati. La produzione, tuttavia, è molto probabile che venga affidata a Taiwan Semiconductor Manufacturing Company , il leader mondiale nella produzione di chip ad alta miniaturizzazione, ben lungi dall’aspettarsi un ritorno alla completa autarchia in questo ambito.

Le sfide geopolitiche in corso

La situazione internazionale, complice le politiche protezionistiche, si presenta per Xiaomi come un campo minato da navigare con attenzione. In passato, infatti, l’azienda era stata inserita nella Entity List dal governo Trump, creando fortissime difficoltà nel condurre affari con controparti americane. Nonostante ciò, un successivo ricorso ha portato Xiaomi a essere rimossa da questa lista, consentendo al gigante tech di mantenere rapporti commerciali.

Tuttavia, i timori legati al clima politico attuale non possono essere ignorati. La rinnovata amministrazione Trump potrebbe rivedere le sue posizioni nei confronti delle aziende cinesi. Questo scenario ha spinto Lei Jun a diversificare le attività dell’azienda, investendo nel settore automobilistico, un passo strategico per mitigare potenziali cali nelle vendite di smartphone. Ad ogni modo, restano incognite sul come lo sviluppo di un chip proprietario possa influenzare ulteriormente le relazioni tra Xiaomi e gli Stati Uniti.

In sintesi, Xiaomi si sta avventurando in un territorio nuovo e competitivo, dove la realizzazione di chip autonomi potrebbe segnare una vera e propria svolta per l’azienda. Mentre il mondo osserva attentamente, restano da vedere le conseguenze di questa sfida per il futuro della tecnologia e dell’economia aziendale.

Marco Maggioni

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