L’ecosistema tecnologico europeo, negli ultimi anni, ha mostrato dei progressi notevoli. Tuttavia, sono ancora molte le sfide da affrontare per giungere al pieno potenziale di questo settore. Il report “State of European Tech” di Atomico mette in luce una situazione che, da un lato, mostra un significativo aumento degli investimenti e delle startup, dall’altro rivela un contesto competitivo che richiede attenzione e innovazione costante.
Dal 2015 a oggi, le aziende tecnologiche europee hanno un vero e proprio boom, raccogliendo ben 426 miliardi di dollari, un balzo notevole rispetto ai 43 miliardi del decennio precedente. Il report mette in evidenza come, solo nel 2024, le tech company dell’UE potrebbero riuscire a raccogliere quasi 45 miliardi di dollari, in linea con i 47 miliardi dell’anno precedente. Questa tendenza coinvolge fortemente anche il nostro Paese: l’Italia, per esempio, è prevista a raggiungere i 900 milioni di dollari entro la fine del 2024. Si tratta di cifre promettenti, ma sono comunque lontane dai risultati sorprendenti di altre nazioni del Sud Europa, come la Spagna, che prevede di arrivare a 1,4 miliardi di dollari.
Con una proiezione sorprendente, il report stima che, tra dieci anni, il valore del settore tecnologico in Europa potrebbe raggiungere gli 8 trilioni di dollari. E non ci sono solo numeri, ma anche talento: si stima un bacino di 20 milioni di lavoratori altamente qualificati che potrebbero contribuire a tale crescita. Tuttavia, tra le problematiche sollevate, emerge un sentimento di pessimismo ingiustificato che, secondo Tom Wehmeier di Atomico, rappresenta il vero ostacolo al progresso. Questo indica che, pur avendo compiuto passi da gigante, l’Europa deve riacquistare fiducia e ambizione per capitalizzare i successi ottenuti in questo decennio.
Dando uno sguardo più ravvicinato all’Italia, quest’anno le start-up tecnologiche hanno visto investimenti arrivare a 900 milioni di dollari. Un incremento notevole rispetto ai soli 600 milioni di dollari raccolti tutto insieme nel decennio 2005-2014. Si prevede che nei prossimi dieci anni, questa cifra possa addirittura decuplicarsi, avvicinandosi a 7,7 miliardi. Segnali importanti non mancano nemmeno in termini di occupazione: nel settore tech italiano, il numero degli impiegati è cresciuto drasticamente, passando da 26 mila a ben 167 mila.
Un aspetto da considerare è che dieci anni fa, in Italia non si contavano aziende tecnologiche che vantassero il titolo di unicorni. Oggi, il numero di tech company italiane con un valore superiore al miliardo di euro si attesta a sette. Insomma, nonostante si tratti di un mercato più giovane e con varie sfide, l’innovazione e la capacità di adattamento delle aziende italiane stanno portando a risultati davvero incoraggianti. Sarà quindi interessante osservare come si svilupperanno ulteriormente i trend e la competitività nel settore tech italiano in futuro.
Da un altro punto di vista, l’Europa sta rapidamente diventando il punto di riferimento globale per i fondatori di startup, con Londra che nel 2015 dominava la scena. Oggi, Berlino e Parigi sono ben posizionate. Questo è sorprendente, considerando che attualmente ci sono circa 35 mila startup tech attive in Europa. Eppure, un dato inquietante emerge: una startup su due in fase di sviluppo in Europa cerca finanziamenti negli Stati Uniti. Questo aspetto evidenzia come ci sia una fuga di talenti e capitali verso il di là dell’oceano, creando opportunità per gli investitori americani mentre l’Europa è chiamata ad affrontare questa triste realtà.
I fondi pensione in Europa sembrano giocare un ruolo marginale, investendo solo lo 0,01% del capitale globale nel venture capital. Una situazione decisamente incoraggiante pare essere, comunque, quella del Sud Europa, dove lo 0,014% degli asset dei fondi pensione è destinato al venture capital, secondo solo a una ristretta selezione di regioni. Questo porta alla luce la necessità urgente di rivedere politiche di investimento che possano sostenere più attivamente l’ecosistema delle startup locali per evitare il rischio di un esodo di risorse e talenti.
Senza dubbio, gli ultimi dieci anni hanno visto un cambio di paradigma significativo nel settore tecnologico. Oggi, i temi legati all’intelligenza artificiale e alla sostenibilità stanno guadagnando sempre più attenzione. Rapporti recenti indicano che il tema della gestione del carbonio ha visto un aumento massiccio nei finanziamenti Seed, mentre il deep tech spicca con un impressionante 33% degli investimenti totali in Europa. Ciò significa che ci troviamo in un’epoca in cui l’innovazione tecnologica non è solo finalizzata al profitto ma anche a un impatto sociale positivo.
In Europa, l’IA ha aperto opportunità incredibili, dato che oltre 2,5 milioni di posti di lavoro sono stati creati dal 2015. Ogni nazione ha una storia da raccontare: la Spagna, per esempio, ha visto l’allocazione di ben 30 mila posti legati a questa tecnologia. Ciò è reso possibile grazie a eccellenti istituzioni accademiche e una rete di ricerca ben sviluppata, cruciali nell’alimentare questo settore in rapida espansione. Le startup europee di domani saranno quindi probabilmente quelle che sapranno unire la tecnologia e sostenibilità in modi innovativi, diventando leader nei rispettivi settori.
Nonostante le sfide, il report di Atomico ci dice che l’ecosistema tecnologico europeo ha generato un incredibile 1 trilione di dollari di valore nel corso degli ultimi dieci anni. Tuttavia, il pesante costo dell’incertezza macroeconomica è evidente, con molte IPO di successo che continuano a registrarsi negli Stati Uniti. Questa situazione è accentuata da strutture di mercato frammentate, una mancanza di investitori pubblici ben capitalizzati e condizioni di mercato meno favorevoli.
In ogni caso, è chiaro che ci sono orizzonti da scoprire. La pipeline attuale di oltre 100 aziende pronte a entrare nei mercati pubblici fa intravedere delle opportunità. Con le dovute riforme, l’Europa potrebbe recuperare l’energia necessaria per trattenere talenti e capitali, dando spazio a un ulteriore progresso tecnologico. La sfida quindi si ritrova non solo nel mantenere laddove si è investito ma anche nel garantire che il terreno continui a fertilizzarsi per le generazioni future di innovation. Un’osservazione che lascia presagire un futuro molto interessante per l’ecosistema tecnologico europeo.
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