In un mondo sempre più connesso, le sfide legate all’informazione diventano sempre più complessi. Recenti studi evidenziano che molti giovani italiani fatichino a discernere ciò che è affidabile da ciò che non lo è nel vasto mare di contenuti online. La questione è particolarmente critica quando si parla di temi scientifici, dove la scarsa fiducia nelle evidenze scientifiche porta a un aumento della credulità verso teorie del complotto. Questi risultati, emersi dal report “Disinformazione a Scuola,” offrono uno spaccato inquietante della navigazione informativa delle nuove generazioni.
Il report, frutto del lavoro di un team di ricerca capitanato dal professor Carlo Martini dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, è stato presentato durante le celebrazioni per il 20° anniversario di Havas PR. I dati raccolti si basano su un campione di oltre 2.200 studenti provenienti da 18 scuole superiori situate in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. I risultati sono allarmanti: il 32,8% degli intervistati ha dimostrato difficoltà nell’identificare notizie affidabili riguardanti il tema ambiente, mentre la cifra sale al 36,9% per quanto riguarda la salute. D’altro canto, la capacità di individuare informazioni non affidabili si attesta al 41,3% per i temi ambientali e al 35,2% per quelli sanitari. Questo scenario crea un contesto in cui i ragazzi appaiono disorientati, scivolando dalle informazioni corrette a quelle fuorvianti con una facilità inquietante.
Ma cosa significa realmente tutto ciò? Questi numeri non sono solo statistiche, ma indicano una problematica ben più profonda che coinvolge la formazione dei giovani e la loro capacità critica. L’emergere dell’Osservatorio permanente sulla Disinformazione digitale, annunciato durante la presentazione del report, si configura come un passo significativo verso la lotta contro questo fenomeno. Questo nuovo ente avrà il compito di monitorare e analizzare come si sta evolvendo il panorama informativo e come i ragazzi si rapportano alle varie fonti.
La percezione della scienza e le teorie del complotto
Nel contesto attuale, un aspetto particolarmente preoccupante è la crescente discrepanza tra il sapere scientifico e l’interpretazione che i giovani danno delle informazioni disponibili. Il report sostiene che la fiducia nelle informazioni scientifiche diminuisce, creando terreno fertile per l’emergere di concetti infondati e complottistici. Questa dinamica può sembrare paradossale, ma riflette una realtà in cui la disinformazione e la confusione regnano sovrane in un’era digitale che prometteva invece maggiore accesso alla verità.
Caterina Tonini, CEO di Havas Creative Network Italy, mette in luce come “l’uso irresponsabile o distorto del digitale e dell’intelligenza artificiale oggi pone grandi minacce specie per i più giovani.” La connessione costante a piattaforme e social media sembra rendere i giovani più vulnerabili, esponendoli a contenuti che possono non solo fuorviarli, ma anche influenzare negativamente il loro modo di pensare e di approcciare temi importanti come la salute e l’ambiente. Questa vulnerabilità non riguarda solo il linguaggio complesso della scienza, ma anche le dinamiche sociali che circondano le informazioni.
Il confine tra informazione e disinformazione
Viviamo in tempi in cui l’informazione e la disinformazione si mescolano talmente tanto che diventa difficile, se non quasi impossibile, distinguerle, soprattutto per chi è meno esperto. Carlo Martini comunque sottolinea che “questo crea confusione e spesso danneggia anche la reputazione di chi cerca di fare informazione affidabile.” Questo provoca un effetto domino: si tende a mettere in dubbio anche fonti serie e verificate, mentre si valorizzano contenuti privi di fondamento reale.
Ciò è preoccupante, specialmente in un contesto storico in cui il sapere scientifico è stato messo in dubbio. Le conseguenze di tale confusione possono riflettersi non solo su come i giovani percepiscono la scienza, ma anche sulla loro capacità di prendere decisioni informate quotidiane. Auspicare una maggiore consapevolezza e competenza nell’uso delle risorse digitali diventa quindi un obiettivo imprescindibile per il futuro.
Il report “Disinformazione a Scuola” non pone solo un problema. Esso serve anche come un campanello d’allarme, invitando a ripensare le modalità con cui comunichiamo e apprendiamo, indicando forse la direzione verso un nuovo modo di fare scuola e informazione, dove la criticità diventa fondamentale per il benessere sociale.